giovedì 16 ottobre 2014

L'onda di luce: la mia candela e Piazza Maggiore

"Scusi cosa sono quelle candele?" "Oggi si celebra la giornata per commemorare i bambini morti in utero o dopo il parto" "Ho visto i cuori e pensavo si fosse fidanzato qualcuno" "Sempre d'amore si parla". Questo dialogo,tra un passante e un papà, spiato ieri, mentre fissavo la candela rosa accesa per Lucrezia in Piazza Maggiore,inizialmente mi è apparso banale ma poi ho continuato a pensarci. E pensa che ripensa sono arrivata alla conclusione che quel breve scambio di battute contenga in se qualcosa di simbolico. Innanzitutto mi è apparso chiaro che ciò di cui le nostre candele, disposte su due cuori di stoffa,parlavano, il lutto perinatale, è un tema spinoso di cui poco o niente si conosce e su cui, per alcuni, forse sarebbe meglio tacere. Quel breve scambio di battute è stato in qualche modo l'incontro tra due mondi: quello di chi, nonostante il dolore, ha capito quanto sia importante parlarne e quello di chi non conosce o pensa sia meglio che di certe cose non si parli. Ieri, 15 ottobre, il tutto il mondo è stata celebrata la giornata della commemorazione per promuovere la consapevolezza sulla morte dei bambini durante la gravidanza o dopo il parto. Il 15 ottobre può, dunque, essere considerato una delle date più significative dell'intero mese dedicato alla consapevolezza. In Italia l'iniziativa è stata promossa da CiaoLapo onlus, associazione che dal 2006 assiste i genitori in lutto e promuove la tutela delle gravidanze e della salute perinatale. Ogni anno, considerando solo la morte in utero, il fenomeno riguarda 3 milioni di bambini. In Italia ogni giorno 9 bambini muoiono a fine gravidanza. Ciascuno di loro è e rimarrà unico ma riporare questi numeri può essere utile per comprendere come il fenomeno sia più esteso di quanto comunemente si pensi. Quest'anno nel nostro paese la giornata è stata celebrata in 35 città con banchetti informativi, proiezioni e dibattiti che hanno preceduto ed accompagnato l'onda di luce che nelle 24 ore ha investito il pianeta. In ogni paese alle 19 sono state accese le candele la cui luce ha idealmente attraversato il mondo unendo i genitori colpiti dal lutto. Le nostre candele ieri erano accese per ricordare i nostri bambini e le nostre bambine. Il loro ricordo e il dolore per non averli potuti avere tra le braccia abita in noi ogni giorno e qualcuno, forse, si chiederà perchè abbiamo voluto accendere quelle piccole luci in un luogo pubblico. Le candele accese in Piazza Maggiore, come quelle che hanno illuminato piazze e strade di tante città, brillavano per i nostri bimbi ma anche per mostrare agli altri che loro, per quanto piccoli potessero essere, hanno lasciato un'impronta e che la loro perdita è stata un lutto. Tra gli obiettivi del babyloss awareness c'è quello di promuovere una cultura capace di affrontare anche un tema difficile e doloroso come la morte di un bambino prima o poco dopo la nascita. Un tema che non può e non deve rimanere confinato nel ristretto ambito degli addetti ai lavori. La promozione della consapevolezza è un processo complesso che, pur nella differenza e nella specificità dei diversi ruoli, deve riguardare tutti. Come si legge sulle pagine di CiaoLapo, la comunità scientifica deve impegnarsi per studiare le cause e le forme di prevenzione; gli operatori sanitari devono assistere con professionalità e umanità i genitori dalla diagnosi ad un'eventuale nuova gravidanza. Una cultura consapevole però non riguarda solo medici, ostetriche e ginecologi ma tutti noi. I genitori colpiti dal lutto, infatti, si trovano a dover affrontare un percorso lungo e doloroso e non possono essere lasciati soli. Amici, parenti, colleghi, membri delle comunità di appartenenza possono con le loro parole e i loro gesti essere d'aiuto. Per molti di noi l'elaborazione di quanto accaduto è passata attraverso le pagine on- line ed i forum di Ciaolapo. Qui abbiamo trovato rifugio e conforto, abbiamo pianto e asciugato lacrime, ci siamo potute confrontare con chi aveva vissuto la nostra stessa drammatica esperienza, ci siamo fatte coraggio in attesa di poter abbracciare i fratellini e le sorelline dei nostri bimbi celesti, ci siamo potute sfogare e ci simo rese conto che il " non sentirsi" capite dal mondo intorno spesso ci accomunava.Ed è anche per questo che è importante rompere il silenzio. Scrivere questo post per me non è stato facile, l'obiettivo era solo quello di spiegare perchè quest'anno non mi sono limitata a far brillare una candele a per Lucrezia sul balcone di casa ma ho preferito accendere quella piccola fiamma, insieme a quelle degli altri genitori, ai piedi della basilica di S. Petronio, in Piazza Maggiore cuore di Bologna, città che da 15 anni mi ospita. Ripensando al dialogo con cui ho iniziato questo post vorrei solo aggiungere che probabilmente siamo apparsi strani agli occhi dei passanti. Mi chiedo cosa abbiano pensato di fronte a quel mix di occhi lucidi, sorrisi e abbracci. Mentre le candele brillavano noi stavamo lì a guardarle cariche dei nostri pensieri mentre i bambini, arrivati prima o dopo la perdita, giocavano sul crescentone. E anche questo in qualche modo è un simbolo, una sorta di metafora di questa esperienza fatta di tempeste e arcobaleni, di dolore e gioia, di nostalgia e voglie di ripartire.

mercoledì 21 maggio 2014

Non è mai troppo tardi per leggere Cipí

Io Cipí non lo conoscevo e Mario Lodi per me era un autore per bambini di cui conoscevo solo il nome per averlo visto e rivisto sugli scaffali delle librerie per bambini. Quando Lodi è morto il 2 marzo scorso i giornali gli hanno dedicato pagine molto belle che tanti miei amici hanno condiviso su  Facebook.  Tutti ricordavano di aver letto Cipí in classe da piccoli.

La curiosità mi ha spinto a cercare qualcosa in più su questo maestro elementare celebrato come uno dei papà della scuola repubblicana. Classe 1922, originario di Piadena in provincia di Cremona, è stato uno tra i primi a capire che la scuola italiana non poteva più essere quella di prima ma andava ricostruita. Difficile riassumere in breve la sua idea di scuola, un idea che mette al centro il bambino, il suo mondo e il suo vissuto. La biografia di Lodi ci parla di un maestro appassionato, di un incontro con don Lorenzo Milani, di una settantina di titoli, di una laurea honoris causa in Pedagogia conferita dall'universitã di Bologna, di un edizione della costituzione rivolta ai bambini e di una grande attenzione per tanti temi sui quali noi genitori, nati sul finire degli anni'70, ancora ci interroghiamo: arte, televisione, ambientalismo, creatività.  Sono bastate le note biografiche sparse qua e la a farmi capire che non potevo non leggere Cipí. Così, trovandolo in bella vista in libreria, mentre sceglievo un libro da regalare ad un'amica di mia figlia, l'ho comprato, portato a casa e letto insieme alle mie bimbe.

Cipí è stato pubblicato per la prima volta nel 1961, ma la sua storia è iniziata qualche anno prima. "Cipí è un libro speciale nato in una scuola di campagna il primo giorno di scuola" scriverà lo stesso Lodi 50 anni dopo nell'introduzione all'edizione con cui è stato celebrato il mezzo secolo del libro.
"Mario Lodi e i suoi ragazzi" si legge sulla copertina : quei ragazzi sono i bambini della piccola scuola di Vho di Piadena che, come tutti abbiamo fatto, non potevano fare a meno di guardare fuori dalla finestra. Immaginate un gruppo di bambini che si ferma davanti alla finestra a guardare un gatto, il maestro non li rimprovera, anzi, li invita a raccontare ciò che vedono e quello che immaginano possa accadere. Ecco, Cipí sembra essere nato proprio così.

Cipí è un passerotto e non appena uscito dall'uovo si mostra un po' speciale: un monello buono, vivace ed altruista, coraggioso ma non sprezzante del pericolo.  A leggerla oggi la storia di Cipí appare una storia d'altri tempi, l'uccelino deve fare i conti con l'eterno ripetersi delle stagioni e con una natura capace di stupire con i colori della primavera e mettere alla prova con i lunghi inverni.
Cipí sperimenta la pazienza e la prudenza.

Io Cipí l'ho letto da mamma e ciò che più mi ha colpito è stato il modo con cui questo passerotto affronta il "Signore della notte". Bisogna insegnare ai bambini che il pericolo esiste, questo sembra voler dire il passerotto a noi genitori. Mentre leggevo quelle pagine mi tornavano in mente i " non seguire gli sconosciuti" sentiti da bambina. Mentre leggevo Giuditta nascondeva la faccia sotto il cuscino.
" Hai paura? Vuoi che smetta? ". " Sì, ma continua a leggere" rispondeva con quella saggezza dei bambini che pur senza sapere nulla di funzioni di Propp e schemi narrativi canonici sanno benissimo che le favole hanno un lieto fine.

Come ho già detto, io Cipí l'ho letto da mamma e da mamma ho letto un libro che parla anche delle mamme. Mamí, così si chiama quella di Cipí, è una mamma che sa di non poter proteggere i suoi piccoli da tutte le insidie del mondo ma non per questo non li lascia volare. Mamí conquista noi mamme umane con il suo fare amorevole, con la sua pazienza, con il suo dimenticare la fatica davanti alla gioia del figlio, perchè niente ripaga quanto insegnare a volare e ritrovarsi in un abbraccio. Se lo avessi letto da piccola forsea mi sarebbe piaciuto essere come Cipì ora, invece, mi piacerebbe assomigliare a Mamí.



mercoledì 30 aprile 2014

Bologna, lo sciopero della mensa è alle porte

Annunciato, discusso, accompagnato da polemiche e tentativi di strumentalizzazione, lo sciopero della mensa è alle porte. Lunedì 5 maggio a Bologna i genitori protesteranno e lo faranno non facendo mangiare ai loro figli il pasto fornito da Seribo, la società mista pubblico-privata che gestisce il servizio di ristorazione scolastica.
La protesta, promossa dal osservatorio cittadino mense scolastiche,vuole essere un segnale forte anche in vista del rinnovo dell'accordo per la fornitura del servizio.

Perché?
Sono diverse le ragioni che hanno spinto l'osservatorio, fondato nel 2011 da un gruppo di genitori, a promuovere la protesta. Ragioni che spaziano dalla qualità del cibo alle tariffe. I promotori considerano non giustificato l'aumento delle tariffe che sottolineano sono tra le più alte d'Italia. Tra le richieste c'è quella, rivolta all'amministrazione comunale, di porre un tetto massimo agli utili di Seribo. Richiesta a cui si accompagna quella di reinvestire parte degli utili per il miglioramento della qualità del cibo. Quello della qualità resta uno dei temi più delicati e i genitori puntano il dito contro il mancato rispetto della percentuale di prodotti biologici stabilito dalla legge regionale. I genitori, i oltre, denunciano la mancata realizzazione dei nuovi centri pasti. In città c'è ne sono tre, ma di questi solo il Fossolo è nuovo e questo genera una disparità di trattamento tra i bambini serviti da questo e quelli i cui pasti vengono preparati nei centri che non dispongono di attrezzature di pari livello.

Come
Per aderire allo sciopero bisogna innanzitutto disdire il pasto entrò le 8:45 del 5 maggio. I bambini che non consumeranno il pasto potranno mangiare un panino portato da casa oppure potranno essere fatti uscire prima di pranzo e riaccompagnati a scuola dopo il pasto. L'ipotesi "panino a scuola", ammessa quando a scioperare e Seribo, ha generato un braccio di ferro tra genitori e quartieri che ha conquistato le pagine dei maggiori quotidiani locali.
In diverse scuole dell'infanzia i genitori stanno organizzando picnic nei giardini pubblici.
Per maggiori informazioni su come disdire il pasto e partecipare allo sciopero potete consultare il vademecum scaricabile a questo indirizzo:
http://osservatoriomensebologna.blogspot.it/

Il precedente
Non è la prima volta che a Bologna i genitori danno vita ad uno sciopero della mensa. Nel 2005 i genitori delle Longhena organizzarono quello che venne chiamato " lo sciopero delle pappe". Anche allora la protesta ruotava intorno a tariffe e biologico e come oggi fu accompagnato da polemiche che tennero banco sui giornali.


lunedì 28 aprile 2014

Buon 5 maggio a tutte le ostetriche



Il 5 maggio si celebra la giornata internazionale dell'ostetrica.  " In tutto il mondo - scrive la presidente della FNCO ( federazione nazionale collegi ostetriche) Miriam Guana - le ostetriche organizzeranno eventi per ribadire l'impegno a lottare, con le donne e per le donne, contro il dramma della mortalità materna e neonatale ancora troppo frequente in troppe aree del mondo". Tra i tanti intenti c'è anche quello di sensibilizzare le istituzioni affinchè l'offerta delle prestazioni ostetriche possa essere migliorata ovunque.


Io di ostetriche ne ho incontrate tante e da quasi ognuna di loro ho imparato qualcosa e colto una piccola parte del "valore" della loro professione, c'è ne sono però quattro a cui sono particolarmente grata perchê con professionalità e pazienza mi hanno accompagnato durante un'attesa emotivamente molto impegnativa perchè arrivata dopo la nascita di una bimba con gli occhi chiusi. Non è però di me che voglio parlare, ma di loro: le ostetriche.

L'ostetrica non è un ginecologo, l'ostetrica non è un'infermiera. L'ostetrica è un'ostetrica ed esercita una professione le cui origini possono essere ricondotte indietro nel tempo fin quasi a coincidere con gli albori dell'umanità. Risale a tempi antichissimi la figura della levatrice, mestiere esercitato, racconta Platone, dalla madre di Socrate e alla quale quest'ultimo si sarebbe ispirato per la sua dialettica. Per il filosofo greco l'arte della levatrice era quella di "tirar fuori" e nel nostro immaginario la figura dell'ostetrica resta quella di colei che aiuta la partoriente a dare alla luce il bambino che porta in grembo. L'assistenza alla donna nella delicata esperienza del parto è l'aspetto più conosciuto di una professione che negli anni si è evoluta portando le ostetriche di oggi ad essere delle professioniste il cui ruolo è molto più ricco e complesso rispetto al passato. L'ostetrica accompagna la donna durante tutto l'arco della gravidanza e del puerperio ma la sua attivitá non si esaurisce neppure nell'ambito della gravidanza. In inglese il termine per indicare l'ostetrica è " midwife" il cui significato viene ricondotto a colei che "sta con la donna". In occasione della giornata internazionale della donna saranno le ostetriche stesse a raccontare le tante e diverse sfaccettature della loro professione. A Bologna l'appuntamento è per domenica 4 maggio in Piazza Maggiore ( angolo via D'azeglio) dalle 9 alle 14 e dalle 15 alle 21.

"Le ostetriche che cambiano il mondo partendo dalle famiglie" questo lo slogan lanciato quest'anno dalla confederazione internazionale delle ostetriche per celebrare il 5 maggio.  Un obiettivo ambizioso che merita un augurio di buon lavoro da parte di tutte noi. Buon lavoro a tutte le ostetriche e grazie per la passione e la dedizione con cui svolgono il loro lavoro anche quando questo incontra il dolore, la perdita. Ci vuole tanta empatia per aiutare una donna a mettere al mondo una nuova vita e altrettanta e forse più ne serve quando l'attesa si spezza.  Chi ha visto il ripetersi del miracolo del primo vagito può capire il dolore di quando nascita e morte si intrecciano in un lutto che la società fatica a riconoscere e il misto di paura e speranza che accompagna la ricerca e l'accoglienza di una nuova vita. Anche questo fa parte del lavoro dell'ostetrica, un aspetto sconosciuto ai piùma non per questo meno importante.

Per saperne di più sulla giornata internazionale dell'ostetrica http://www.fnco.it/news/giornata-internazionale-dell-ostetrica-2014.htm



mercoledì 23 aprile 2014

Ammazzateli tutti, in scena a Imola il genocidio del Ruanda

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Nel 1994 frequentavo il secondo anno di liceo e non sapevo, mentre studiavo antiche guerre, che in Ruanda in quei giorni si stesse consumando un genocidio. In quel paese africano veniva scritta una delle pagine più sanguinose della contemporaneità, ma quel che accadde non si è fissato nella mia memoria come, invece, ha fatto la guerra in Iraq o i conflitti che hanno sconvolto i Balcani. Di Ruanda non parlammo a scuola, la televisione ci mostrò quasi esclusivamente l'altra tragedia umanitaria, quella dei profughi. I media, come studiai più tardi, per ragioni interne al loro stesso funzionamento non fornirono un'ampia copertura di quel che accadde a partire dal 6 aprile quando iniziò a scatenarsi la violenza degli estremisti hutu. Il massacro ebbe iniziò dopo l'abbattimento dell'aereo su cui viaggiava il presidente di etnia hutu, forse per mano degli stessi gruppi estremisti che poi diedero il via al massacro.
I media non furono i soli a non capire la gravità di quanto stava accadendo. L'ONU fu accusato di essere rimasto a guardare e anche Medici Senza Frontiere, come ha ricordato qualche settimana fa il suo ex presidente, impiegò diversi giorni prima di capire di essere di fronte ad un genocidio sistematico, qualcosa di diverso rispetto ai massacri e alle stragi che da anni insanguinavano il paese. Fu proprio MSF a lanciare un appello per chiedere l'intervento delle Nazioni Unite.
Quel che oggi è storia in tanti lo intuimmo solo 10 anni più tardi, incollati allo schermo davanti a Hotel Rwanda. Nel paese furono massacrate a colpi di machete almeno 800 mila persone. Un numero che oggi, dopo aver assistito in diretta all'undici settembre, appare ancora più impressionante.
Il paese sta ricordando i tragici fatti del 1994 con una lunga serie di eventi che hanno preso il via il 6 aprile in occasione del ventesimo anniversario dell'inizio del massacro. Tra le funzioni degli anniversari c'è quella di preservare la memoria affinché la storia non si ripeta. Questo è senza dubbio anche uno degli obiettivi di Ammazzateli tutti, il nuovo lavoro di Marco Cortesi e Mara Moschini che il 29 aprile farà tappa a Imola. Lo spettacolo, esempio di teatro civile, si ispira, ad una storia vera.
A promuovere la serata sono stati gli scout del gruppo Imola 1 che, dopo essere rimasti stregati da La Scelta, lo spettacolo dedicato dai due autori attori alla guerra civile che ha insanguinato la ex Yugoslavia, hanno voluto che nella loro città andasse in scena anche un'altra tragedia che non può essere dimenticata.
L'appuntamento è per le 21 al Seminario diocesano in via Montericco 5/a